Grigioni - Cultura architettonica

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Chantun Grischun
Cantone dei Grigioni

Cultura architettonica

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Il paesaggio culturale alpino dei Grigioni è caratterizzato da castelli e residenze signorili, da chiese medievali e case contadine engadinesi, oltre che da straordinari esempi di architettura moderna - dalle terme di Peter Zumthor a Vals alle costruzioni in Val Lumnezia di Gion Caminada. Le informazioni riguardanti le singole opere architettoniche sono tratte da Società di storia dell'arte in Svizzera (SSAS), 2008. e da Hochparterre – rivista di architettura e design.

Archittetura contemporanea

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I Grigioni sono conosciuti come il paese non solo delle montagne e del turismo, ma anche dei castelli e delle case signorili, delle chiese e dei dipinti medievali, nonché delle case contadine engadinesi. Piano piano, sullo sfondo di questa ricca tradizione, negli ultimi 30 anni i Grigioni sono dive...

I Grigioni sono conosciuti come il paese non solo delle montagne e del turismo, ma anche dei castelli e delle case signorili, delle chiese e dei dipinti medievali, nonché delle case contadine engadinesi. Piano piano, sullo sfondo di questa ricca tradizione, negli ultimi 30 anni i Grigioni sono diventati una delle regioni importanti per quanto concerne l’architettura moderna in Svizzera. Vi presentiamo qui alcune peculiarità della più recente cultura edile del Cantone. La rispettiva varietà, bellezza e solidità è dovuta a cinque fattori:

1. Il paesaggio drammatico, la storia e la varietà del territorio. Nel Canton Grigioni costruire ha in sé qualcosa di arcaico e di metafisico: <> dice l’edificio. Malgrado tutte le ferite, le lacrime e gli attacchi quotidiani delle costruzioni sconsiderate, nel Cantone ci sono ancora località che si presentano intatte, integrate e ampliate con cautela. Tali luoghi non sono musei ma spazi cautamente ampliati per viverci.

2. I Grigioni amano la storia e in particolare quella degli spazi. Questo amore cerca di esprimersi. Attenzione però - con tutto il rispetto per i riferimenti locali, la vicinanza può nuocere alla lungimiranza. L’adesione alla tradizione e alle caratteristiche del luogo non basta. I buoni architetti si ispirano a criteri internazionali. Essi partecipano a uno sviluppo tecnico ed estetico di respiro mondiale.

3. La piccola edilizia lavora con grande capacità e precisione. Ogni architetto conosce un impresario, un falegname, un piastrellista, un costruttore di stufe, uno stuccatore per il quale metterebbe la mano sul fuoco. La qualità dell’esecuzione ha un prezzo adeguato e un grande valore. Dalle capacità del costruttore dipende comunque la qualità della costruzione.

4. L’architettura recente nei Grigioni è un tema di dibattito culturale anche nel Cantone. Se ne fanno carico associazioni come la Protezione della patria, la stampa scritta e la Televisiun Rumantscha. Il museo d’arte grigione e specialmente la “Gelbe Haus” a Flims dedicano notevoli mostre all’architettura.

5. Il Cantone e i Comuni giocano un ruolo esemplare quali buoni committenti. L’Ufficio cantonale per la protezione dei monumenti si impegna per la salvaguardia del patrimonio esistente. Infine, quanto ai nuovi progetti, è determinante il concorso di architettura. Promosso con lungimiranza, ha permesso alla maggior parte degli architetti di grido nel Cantone di aprire un ufficio. Da Bearth & Deplazes, Jüngling & Hagmann fino a Richard Brosi, Robert Obrist e Peter Zumthor, tutti gli atelier importanti nel Cantone hanno vinto concorsi significativi.

Anche i committenti privati creano ovviamente delle perle. Tuttavia l’industria principale del Cantone, il turismo, ha ancora parecchio da imparare. Stupisce la scarsa attenzione degli operatori turistici per il valore economico dell’architettura. Che la buona architettura possa giovare molto al turismo lo dimostrano le terme di Vals. Da quando sono state costruite i visitatori sono aumentati esponenzialmente.

Comunque bisogna andarci, percepire i paesaggi, gli spazi e le atmosfere, ipotizzare storie, godere dei dettagli su scala 1:1.

(Köbi Gantenbein, capo redattore Hochparterre, Zurigo/Malans)

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Epoca paleocristiana

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L’odierno territorio grigionese fa parte della vasta diocesi di Coira, una delle diocesi più antiche a nord delle Alpi. La lunga tradizione ecclesiastica si manifesta in rinvenimenti di edifici e piccoli oggetti artistici risalenti fino al V secolo.

Nel 300 d.C. Coira viene designata c...

L’odierno territorio grigionese fa parte della vasta diocesi di Coira, una delle diocesi più antiche a nord delle Alpi. La lunga tradizione ecclesiastica si manifesta in rinvenimenti di edifici e piccoli oggetti artistici risalenti fino al V secolo.

Nel 300 d.C. Coira viene designata capoluogo della provincia romana Raetia Prima e nel 451 è documentata come sede vescovile. Tuttavia gli inizi del Cristianesimo nell’odierno cantone grigionese possono essere datati molto prima, perché la diocesi di Coira potrebbe essere stata fondata già verso la fine del IV secolo. A quest’epoca paleocristiana risale una delle costruzioni più antiche dei Grigioni, sorprendentemente ben preservata nel muraglione, che nella sua specie è da ritenere il monumento più significativo a nord delle Alpi: si tratta di quella camera sepolcrale con volte a botte sul pendio nord orientale della cattedrale di Coira, la cui fondazione si colloca presumibilmente nella prima metà del V secolo d.C. e che fa supporre che sia stato il primo luogo di sepoltura dei vescovi di Coira. Attorno al 500 venne costruita sulle sue fondamenta una chiesa dedicata a Santo Stefano. Come le altre costruzioni paleocristiane adibite al culto di epoca tardo antica e quelle cristiane di epoca merovingia, anche questa chiesa è rintracciabile solo nelle sue fondamenta. Testimonianze architettoniche della prima fase di cristianizzazione nei Grigioni si trovano anche nella cattedrale di Coira, nella valle del Reno anteriore (Sagogn e Trun), a Bonaduz e nella Rezia superiore, a Mesocco, Tiefencastel, nello Schams (Zillis) e nella Prettigovia (Schiers) – questi ritrovamenti archeologici sparsi illustrano la diffusione del Cristianesimo nel corso del V e VI secolo nelle maggiori agglomerazioni della diocesi.
Queste prime chiese grigionesi sono costituite da semplici sale con o senza abside – quest’ultima può essere sporgente rispetto al muro perimetrale esterno, o chiusa all'interno di un muro rettilineo così da non apparire esternamente; lateralmente ad alcune di esse sono stati annessi edifici. Anche se certi modelli architettonici sono identificabili solo raramente, gli impulsi principali sembrano provenire dall’Italia settentrionale e dai Balcani. Particolare rilevanza, perché unici in territorio svizzero, meritano i banchi per i presbiteri, o subsellia, disposti circolarmente lungo il perimetro dell'abside, come possono essere provati per la chiesa di Santo Stefano a Coira e presumibili per la prima chiesa di Sagogn. I modelli possono essere ricercati nell’area di cultura adriatica. Per esempio, il battistero con la piscina ottagonale recentemente rinvenuto dai detriti all’interno del castello “Hohenrätien” (Comune di Sils i.D.) è uno dei primi nel suo genere ed è da collegare all’Italia settentrionale. Oltre a questi ritrovamenti architettonici manifatture testimoniano la precoce cristianizzazione dei Grigioni, come per esempio una scatoletta d’avorio per le medicine adibita a reliquiario risalente alla fine del IV secolo, oppure un altro ma più recente reliquiario in argento parzialmente dorato – entrambi gli oggetti fanno parte dell’odierno tesoro della cattedrale di Coira. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

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Epoca carolingia

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Fino all’annessione della diocesi di Coira all’arcivescovato di Magonza nell’843, il territorio retico era ecclesiasticamente e culturalmente orientato verso sud; artisticamente, invece, era ancora fortemente influenzato dall’antichità classica. Monumenti preservati in modo eccellente del p...

Fino all’annessione della diocesi di Coira all’arcivescovato di Magonza nell’843, il territorio retico era ecclesiasticamente e culturalmente orientato verso sud; artisticamente, invece, era ancora fortemente influenzato dall’antichità classica. Monumenti preservati in modo eccellente del periodo attorno all’800 sono il convento di Müstair, patrimonio culturale dell’UNESCO, e la chiesa dell’ex convento a Mistail, nei pressi di Alvaschein.

L’epoca carolingia ha lasciato ai Grigioni monumenti religiosi unici, come per esempio la struttura a triconco della Cappella della Santa Croce a Müstair, basata su modelli bizantini, la cappella rotonda di San Lucio a San Vittore, radicata nell’architettura sepolcrale romanica, la cripta ad anello, con volte a botte, nella chiesa di San Luzi a Coira, la più vecchia nel suo genere in Svizzera, o la cripta di San Placido, a forma d’arnia, nel convento di Disentis. Nessun’altra costruzione, però, caratterizza la rappresentazione dell’architettura sacrale dei Grigioni durante il regno di Carlo Magno e i suoi successori meglio della cosiddetta sala con tre absidi: un locale a forma rettangolare, senza navate e a soffitto piano. Questo corpo unico rivolto a levante si conclude in tre locali semicircolari ricoperti da mezze cupole. La peculiarità di questa soluzione architettonica non è la giustapposizione di tre absidi, ma il fatto che le tre absidi non corrispondano all’articolazione dello spazio in tre navate. Costruzioni paleocristiane analoghe si trovano in Oriente e nella zona Adriatica settentrionale, da dove alla fine dell’VIII secolo questa forma di costruzione potrebbe essere stata importata nel territorio retico. Una struttura carolingia a triconco si è mantenuta eccezionalmente bene nella chiesa di San Pietro dell’ex convento a Mistail, ma anche la chiesa San Giovanni del convento a Müstair riesce a trasmettere la bellezza di questa forma architettonica, anche se il locale originale è stato cambiato dalla volta della navata tardo gotica. Inoltre questo tipo di costruzione in una variante molto simile è stata rinvenuta in varie parti del territorio cantonale, come per esempio a Coira, Tumegl/Tomils, Zillis, Pleif presso Vella, Sagogn, Disentis e Ramosch. La sala con tre absidi non è da considerare il tipo comune delle chiese grigionesi di tali periodi di fioritura culturale; sembra piuttosto essere stato riservato a costruzioni sacrali di un certo prestigio come chiese conventuali e parrocchiali. Si suppone che la maggior parte delle chiese d’allora erano umili costruzioni che si attenevano alla pianta in uso corrente fin dalla tarda antichità: sale con o senza abside, rientranti o meno, e tali con absidi immerse nella massa del muro. Un’impressione della decorazione sacrale dell’800 ci viene fornita dalla chiesa del convento a Müstair, sulle cui mura si è conservato un vasto ciclo di affreschi carolingi. Indicazioni di costose rifiniture interne, almeno delle chiese prestigiose dell’epoca carolingia, ci vengono inoltre date dal folto numero di frammenti di stucco rinvenuti nel convento di Disentis e dai pavimenti di marmo a mosaico nella cattedrale di Coira e nella chiesa di Müstair. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: GOLL-GASSMANN JÜRG, MATTHIAS EXNER, SUSANNE HIRSCH: Müstair: Die mittelalterlichen Wandmalereien in der Klosterkirche. UNESCO-Welterbe, Zürich 2007.
Kunstgeschichtliches Seminar Universität Zürich: St. Peter Mistail GR (Schweizerische Kunstführer), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bern 1997 (4. Aufl.).
POESCHEL ERWIN: Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden (Die Kunstdenkmäler der Schweiz), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bd. 1, Basel 1937, S. 19-34.

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Rocche e torri

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Tra l’XI e il XIV secolo fiorirono le roccheforti appartenenti alle famiglie nobili quali centri di piccoli domini territoriali e centri di associazione dei proprietari.
Nel tardo Medio Evo, in seguito alla decadenza delle fortezze, la maggior parte di questi edifici cadde in rovina mentre al...

Tra l’XI e il XIV secolo fiorirono le roccheforti appartenenti alle famiglie nobili quali centri di piccoli domini territoriali e centri di associazione dei proprietari.
Nel tardo Medio Evo, in seguito alla decadenza delle fortezze, la maggior parte di questi edifici cadde in rovina mentre altri vennero più tardi trasformati in castelli.

Nei Grigioni le più antiche testimonianze di edifici sviluppati in altezza al di fuori dell’arte sacra appartengono all’architettura militare. Con la torre Planta del convento di Müstair costruita intorno al 957 la nostra regione vanta il centro abitato fortificato più antico che si conosca in tutta la Svizzera. Nel nostro paese spiccano tuttavia le numerose rocche che, grazie ad un innato istinto per la scelta del luogo sicuro, sono spesso situate sulla cima di promontori, su prominenze della montagna o su alture rocciose, fuori dagli agglomerati e ben visibili da lontano. Queste costruzioni caratterizzano il paesaggio grigionese sebbene oggi siano fatiscenti. Fulcro dei possedimenti signorili le numerose rocche riflettono i difficili (tesi) rapporti di potere nella Rezia nel periodo feudale. La nascita dell’architettura castrense grigionese risale all’XI sec. ma il periodo di maggior fioritura fu tra il XII e il XIII sec. Molte fortezze furono erette direttamente dal signore che esercitava il potere sul territorio, cioè il vescovo di Coira che allora era il più potente proprietario terriero e signore feudale, ma anche da quelle famiglie dell’alta nobiltà che erano riuscite ad emanciparsi dal vescovo per esercitare un potere temporale autonomo sul territorio (i baroni di Vaz, di Rhäzüns, i Sacco a Mesocco, i Matsch e altri). Anche signori di rango cavalleresco fecero costruire delle fortezze o in qualità di vassalli e servitori dei proprietari terrieri o di propria iniziativa per marcare i propri domini feudali spesso di modeste dimensioni. Molte rocche sorsero su terreni dissodati in seguito alla colonizzazione dell’alto Medio Evo di regioni prima praticamente disabitate.
La maggior parte dei castelli facenti parte del patrimonio retico appartengono più alla categoria dei piccoli castelli a scopo simbolico-rappresentativo piuttosto che militare e sono composti da una costruzione principale a forma di torre circondata da fabbricati di tipo rurale e da un muro di cinta fortificato. Edifici di maggiore estensione sono da considerare delle eccezioni e servivano a residenza dei signori feudali come ad esempio la rocca di Belfort nella valle dell’Albula che all’interno del cortile accorpa una torre centrale e una d’ingresso più il palazzo e le dipendenze. Altre strutture si distinguono per la grandezza della superficie interna e sono caratterizzate da un’architettura semplice, poco elaborata e di impronta sacra. Non è chiaro se questi castelli della Chiesa, risalenti al primo Medio Evo e feudalizzati dopo l’anno 1000, funsero da centri amministrativi, costantemente abitati, o da rifugi occasionali.
Le rocche, per lo più abbandonate nel tardo Medio Evo a favore di abitazioni più comode all’interno dei paesi, conobbero una rinnovata popolarità come status symbol delle classi dirigenti all’inizio dell’età moderna. Le nuove classi di potere trasformarono le rocche in castelli (residenziali senza più funzione di dominio). Le torri abitative, che sin dal XIII sec. i ceti elevati del paese fecero costruire in muratura per distinguerle da quelle in legno delle fattorie circostanti, restarono inutilizzate o vennero incorporate in nuove abitazioni.
(Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: CLAVADETSCHER OTTO P., MEYER WERNER: Das Burgenbuch von Graubünden, Zürich und Schwäbisch Hall 1984.
MEYER WERNER: ‚Das Hochmittelalter (10. bis Mitte 14. Jahrhundert)’, in: Handbuch der Bündner Geschichte, Bd. 1 (Frühzeit und Mittelalter), hrsg. vom Verein für Bündner Kulturforschung, Chur 2000, S. 138-193.

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Le chiese romaniche

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Nell’alto medio evo, con l’incremento generale della popolazione e con il relativo sviluppo degli insediamenti, aumenta anche il numero delle chiese: piccole comunità ecclesiali si staccano dalle vaste parrocchie di campagna di origine altomedievale ed esprimono una gran quantità di edifici sa...

Nell’alto medio evo, con l’incremento generale della popolazione e con il relativo sviluppo degli insediamenti, aumenta anche il numero delle chiese: piccole comunità ecclesiali si staccano dalle vaste parrocchie di campagna di origine altomedievale ed esprimono una gran quantità di edifici sacri. La costruzione più importante dell’epoca romanica è la nuova cattedrale di Coira. Un celebre ciclo pittorico romanico è il soffitto della chiesa di Zillis, realizzato subito dopo il 1114.

Le origini della cattedrale di Coira risalgono al V secolo. Tra il 1151 e il 1272 fu costruita una nuova cattedrale a tre navate, la prima di questa tipologia in territorio grigione. Fino allora anche nella costruzione di edifici sacri di prestigio ci si era attenuti alla tradizionale sala di culto non articolata; la cappella di San Lorenzo a Paspels, costruita nell’XI e XII secolo come chiesa a due navate della stessa altezza, costituiva la grande eccezione nell’ambito dell’architettura sacra di quel tempo. Il modello della pianta della cattedrale fu poi ripreso nella collegiata romanica a San Vittore e nella chiesa conventuale a Churwalden. Anche la parte orientale di San Lucio a Coira fu realizzata a tre navate. Si tratta di una soluzione unica in tutta la Svizzera, adottata intorno alla metà del XII secolo: la cripta è a sala tripartita e le navate sono della stessa altezza. Le poche opere architettoniche di una certa mole del periodo tardo romanico non forniscono un quadro rappresentativo dell’edilizia sacra grigione di quel tempo. L’ondata di costruzioni sacre romaniche è caratterizzata piuttosto da una tenace fedeltà alle forme basilari conosciute, compreso lo spazio rettangolare, con il coro spesso più stretto della navata e concluso con un’abside; si trovano persino delle costruzioni senza articolazione fra la navata e il coro. La perseveranza con cui venivano tramandati gli impulsi e le tendenze una volta assimilati è senz’altro da annoverare tra le caratteristiche dello spazio culturale e architettonico grigione.
Gli edifici sacri per lo più architettonicamente modesti, tutt’al più decorati all’esterno da una archeggiatura cieca, assumono un aspetto monumentale mediante la scelta dell’ubicazione. Con molta sensibilità per i dati topografici, i costruttori, probabilmente nativi, segnalavano i piccoli santuari rispetto alle altre costruzioni erigendoli in luogo esposto - al margine del paese, su un rilievo al suo centro, o in luoghi dominanti del paesaggio. Ad essi davano inoltre risalto mediante i campanili, che in quell’epoca comparivano in terra retica. Gli ornamenti plastici, abbondantemente impiegati nella cattedrale di Coira, non si trovano nelle piccole chiese di campagna romaniche, il cui arredamento artistico si limitava per lo più alla pittura. Esempi importanti di pittura sacra dell’alto medio evo si sono conservati nei dipinti murali di impronta bizantina della chiesa conventuale di Müstair e di Santa Maria sopra Pontresina, opere di botteghe dell’hinterland veneziano, rispettivamente dell’Alto Adige. Con il soffitto della chiesa di San Martino a Zillis, dipinto probabilmente da un artista nativo intorno al 1114 sotto l’influsso di modelli lombardi, i Grigioni possiedono, quasi integralmente conservato, il più antico ciclo pittorico romanico dell’arte occidentale. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: POESCHEL ERWIN: Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden (Die Kunstdenkmäler der Schweiz), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bd. 1, Basel 1937, S. 35-64.

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Il mastro di Vuorz (Waltensburg)

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Il primo artista che possiamo individuare nella storia dei Grigioni è un anonimo, a cui è stato dato il nome di mastro di Vuorz. A lui e alla sua bottega vengono attribuiti circa 20 affreschi ecclesiastici a nord del cantone del periodo fra il 1320 e il 1350. Queste opere fanno parte delle più be...

Il primo artista che possiamo individuare nella storia dei Grigioni è un anonimo, a cui è stato dato il nome di mastro di Vuorz. A lui e alla sua bottega vengono attribuiti circa 20 affreschi ecclesiastici a nord del cantone del periodo fra il 1320 e il 1350. Queste opere fanno parte delle più belle testimonianze di cultura cortigiana in Svizzera.

Si presume che nel Medioevo le pareti di qualsiasi edificio sacro, che vantava una certa importanza, almeno nella zona del coro erano decorate con soggetti religiosi. Gli artigiani responsabili per i dipinti nelle chiese provenivano dal nord, dal sud e dall’est, erano organizzati in botteghe e viaggiavano di posto in posto. La maggior parte dell’arte dell’Alto e Basso Medioevo è andata persa durante restauri di chiese in epoche più tarde. Eccezionalmente alto però è il numero di affreschi del XIV secolo nei Grigioni – anche se gli esempi conservati costituiscono soltanto una parte del patrimonio originale di pittura tardo gotica nella regione. 20 di queste opere si possono raggruppare in un unico ciclo grazie alle affinità stilistiche e tecniche. Inoltre, occupano un posto di spicco per via delle loro dimensioni e per le eccezionali qualità artistiche. Finora il mastro responsabile di ciò non è stato identificato in nessun personaggio storico; per questo motivo gli è stato attribuito il nome del luogo dove si trova la sua opera più significativa, cioè il ciclo della passione nella chiesa di Vuorz. L’opera rivela una grande affinità stilistica con le miniature del manoscritto del Codice di Manesse creato attorno al 1300 a Zurigo. Anche se negli affreschi di Vuorz non ritroviamo la raffinatezza cortese delle illustrazioni del manoscritto, anche questo artista sembra piuttosto provenire dalla Germania meridionale (la regione del lago di Costanza, dell’alto o basso Reno) che essere un artista locale. È possibile che sia stato portato nella regione alpina dai signori di Vaz, la più influente famiglia nobile della Rezia, dove fondò la propria bottega. I suoi committenti appartenevano in buona parte al ceto alto, cioè al clero e alla nobiltà. Gli affreschi del mastro di Vuorz, eseguiti con la migliore tecnica d’affresco, si distinguono per la grande intensità di colori. Sono tipiche le sue sottili figure vestite che grazie ai contorni scuri risaltano chiaramente dallo sfondo prevalentemente blu o bianco, quest’ultimo ricoperto di stelle rosse. I dettagli dei visi sono disegnati con profili sottili ma accentuati, per lo più visti di tre quarti: gli occhi a mandorla con le palpebre e le ciglia, i nasi, le bocche visibilmente piccole e i padiglioni auricolari sottili, come pure i capelli che contornano il viso, pettinati in riccioli morbidi che sfiorano le spalle. Con destrezza l’artista riesce a trovare l’espressione ideale sia per dipinti che servono alla venerazione, sia per dipinti che mirano più a una partecipazione mistica dell’osservatore. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: POESCHEL ERWIN: Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden (Die Kunstdenkmäler der Schweiz), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bd. 1, Basel 1937, S. 72-82.
RAIMANN ALFONS: Gotische Wandmalereien in Graubünden. Die Werke des 14. Jahrhunderts im nördlichen Teil Graubündens und im Engadin, Disentis/Mustér 1983.
Eggenberger Christoph und Dorothee: Malerei des Mittelalters (Ars Helvetica, Bd. V), Disentis 1989, S. 66-79.

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Lo stile tardo-gotico

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Nella seconda metà del XV secolo l’Europa fu investita da un boom edilizio che nei Grigioni si tradusse nella costruzione di nuove chiese e cappelle o solo nel rifacimento dei cori. A questo fenomeno va ascritto anche una grande importazione di trittici, opere provenienti da officine della German...

Nella seconda metà del XV secolo l’Europa fu investita da un boom edilizio che nei Grigioni si tradusse nella costruzione di nuove chiese e cappelle o solo nel rifacimento dei cori. A questo fenomeno va ascritto anche una grande importazione di trittici, opere provenienti da officine della Germania meridionale, i quali si possono ammirare ancor oggi nelle aree cattoliche del Cantone.

Dalla fine del XIII secolo fino alla metà del XV secolo l’attività edilizia nei Grigioni appare molto limitata. Tra le poche testimonianze di costruzioni sacre di quel periodo spiccano i cori di Sogn Gieri a Rhäzüns e delle due chiese a Trimmis, siccome con le loro volte a costoloni già si orientano chiaramente a formule costruttive del Gotico, anche se per mole e antica essenzialità dei lavori di scalpellino perdura una sensibilità formale tutta romanica.
Nei Grigioni le forme romaniche vengono completamente soppiantate solo tra il 1450 e il 1525, quando una marcata ondata edilizia muta significativamente la concezione dello spazio sacro. Promotori di questa viva attività edilizia sono i comuni, che nel corso del tardo Medioevo erano diventati i più importanti attori politici e che volevano manifestare la loro autonomia rispetto ai vecchi poteri feudali e al vescovado tramite la costruzione o trasformazione di chiese secondo lo stile tardogotico corrente.
La chiesa tipicamente tardogotica nei Grigioni si compone di una navata rettangolare e un coro chiuso a base poligonale con configurazioni a costoloni geometricamente applicate alla volta. Questo modello con innumerevoli varianti fu esportato principalmente da architetti e scalpellini austriaci. Grazie al loro sorprendente sistema a volta, stranamente ben diffuso in una regione povera, le chiese tardogotiche nei Grigioni occupano una posizione particolare nel patrimonio dei monumenti svizzeri. Questo sistema a volta non fu sempre applicato secondo i canoni; in molti luoghi il nuovo coro poligonale presentava rifiniture più o meno raffinate. Nella navata si riscontrano spesso anche soffitti in legno tipici delle chiese del primo e alto Medioevo nella nostra regione – la navata a volta, introdotta nei Grigioni con la costruzione romanica della Cattedrale di Coira, rappresentò per lungo tempo la grande eccezione. Accanto ai tradizionali soffitti piani in legno appaiono – secondo la preferenza, tipica dell’epoca, per elementi spaziali stagliati verso l’alto – soffitti in legno a sezione semicircolare o poligonale.
La tradizione pittorica nelle chiese si mantiene anche nel Tardogotico; la decorazione centrale delle chiese diventa però il trittico intagliato – importato dalle officine della Germania meridionale – come si è mantenuto fino ad oggi nei Grigioni con una singolare concentrazione rispetto al resto del territorio svizzero. Il patrimonio originario si è comunque decimato fortemente, poiché al tempo della Riforma i retabli scomparvero già pochi anni dopo la loro collocazione e nelle aree colpite dall’ondata di barocchismo dovuto alla Controriforma, essi dovettero spesso cedere il posto ad altari „più moderni“. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: BECKERATH ASTRID VON, NAY MARC ANTONI, RUTISHAUSER HANS (Hrsg.): Spätgotische Flügelaltäre in Graubünden und im Fürstentum Liechtenstein, Chur 1998.
NAY MARC ANTONI: ‚Architektur, Plastik und Malerei von der Gotik bis zum Rokoko’, in: Handbuch der Bündner Geschichte, Bd. 2 (Frühe Neuzeit), hrsg. vom Verein für Bündner Kulturforschung, Chur 2000, S. 237-260, bes. 247-249.
POESCHEL ERWIN: Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden (Die Kunstdenkmäler der Schweiz), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bd. 1, Basel 1937, S. 65-148.

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Hans Ardüser

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L’insegnante, poeta, cronista e pittore ambulante Hans Ardüser (1557- 1617 circa) è qualcosa come il prototipo dell’uomo universale di campagna. Nei mesi invernali del 1600 lesse «parecchie centinaia» di libri da cui copiò le immagini. Traspose questi motivi in dipinti murali in case privat...

L’insegnante, poeta, cronista e pittore ambulante Hans Ardüser (1557- 1617 circa) è qualcosa come il prototipo dell’uomo universale di campagna. Nei mesi invernali del 1600 lesse «parecchie centinaia» di libri da cui copiò le immagini. Traspose questi motivi in dipinti murali in case private e chiese, opere che affascinano per la loro primitività e spontaneità.

Fra tutti i pittori grigionesi a cavallo del ‘600 si distingue in particolare Hans Ardüser: sia per il gran numero di opere che gli vengono attribuite, sia per gli scritti che ha lasciato, tra i quali un’autobiografia e due cronache ambientate negli anni tra il 1572 e il 1614. Gli appunti di Ardüser documentano le reali condizioni di vita di un artista che lavorava in provincia a cavallo tra il 16. e il 17. secolo.
Nato nel 1557, figlio del futuro landamanno di Davos, Ardüser frequenta la scuola latina di Coira. Nel 1577 comincia gli studi per predicatore a Zurigo, ma li interrompe ben presto. Dopo avere insegnato per qualche tempo a Maienfeld si reca brevemente a Feldkirch, dove si fa istruire da Moritz e Jörg Frosch, gli artisti dell’altare Castelberg della chiesa conventuale di Disentis (1572) per poi andare a lavorare per due estati come artigiano presso Franz Appenzäller, l’unico maestro di quei tempi a Coira di cui ci sia giunta notizia, del quale però non ci sono pervenute opere attribuibili con certezza. Autodidatta nella sua formazione Ardüser diviene indipendente e lavora d’inverno come maestro di scuola elementare in diversi luoghi mentre d’estate si dedica all’arte: in cerca di lavoro gira a piedi per i Grigioni come un nomade coi suoi colori e l’attrezzatura da pittore offrendo i suoi servizi. Su più di 100 opere sparse in 45 paesi e valli, come da lui riportato, ne sono rimaste soltanto un quinto: ad eccezione dell’altare della chiesa di Vella, dipinto nel 1601, le sue opere sono murali eseguiti su pareti esterne e interne di case private, sia agricole sia aristocratiche, e di chiese di entrambe le confessioni. Le variopinte opere di Ardüser sono piuttosto lontane da quella che fu la grande arte europea del periodo di transizione tra il Rinascimento e il Barocco: le sue goffe figure, dai contorni sfumati, sono il prodotto della sua incapacità di riprodurre correttamente le proporzioni umane e di padroneggiare le regole della prospettiva nello spazio. Con entusiasmo prende dei soggetti visti molte volte sulle stampe- ornamenti sontuosi, costumi contemporanei, antiche allegorie, scene bibliche, animali esotici- e li rende monumentali, talvolta affiancandoli senza una vera logica. Il modo di fare così spensierato dona alla sua opera una certa vivacità e plasticità, da quelli come lui tanto ricercate. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: DOSCH LEZA: ‚Ardüser Hans’, in: Biografisches Lexikon der Schweizer Kunst, Bd. 1, hrsg. vom Schweizerischen Institut für Kunstwissenschaft, Zürich 1998, S. 39-41.
WYSS ALFRED: ‚Hans Ardüser’, in: Unsere Kunstdenkmäler, XXIV, 1973/3, S. 171-184.
Zinsli Paul: Der Malerpoet Hans Ardüser, Chur 1986.

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La casa engadinese

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Nel paesaggio edificato alpino la casa engadinese ha un significato particolare e rappresenta in un certo senso un’icona. Questo tipo di casa, sviluppatosi nel corso del XV e XVI secolo, venne costruito in Engadina e in alcune valli limitrofe fino nel tardo XVIII secolo dando addirittura un caratt...

Nel paesaggio edificato alpino la casa engadinese ha un significato particolare e rappresenta in un certo senso un’icona. Questo tipo di casa, sviluppatosi nel corso del XV e XVI secolo, venne costruito in Engadina e in alcune valli limitrofe fino nel tardo XVIII secolo dando addirittura un carattere cittadino ai villaggi.

Ancora all’inizio del XX secolo la maggior parte degli edifici nei Grigioni apparteneva al genere “architettura rurale”. In un certo senso la casa engadinese è sinonimo di casa colonica grigionese, malgrado non sia diffusa su tutto il territorio del cantone. Al contrario i Grigioni si distinguono per il paesaggio edificato molto variato. Le case engadinesi si trovano in Bregaglia, nella valle dell’Albula, nella val Monastero e naturalmente in Engadina, dove dal XVI fino alla fine del XVIII secolo costituivano l’unico tipo di costruzione. La casa engadinese, una dimora multifunzionale composta quasi interamente da mura massicce, si è sviluppata dall’unione di diversi elementi di un casale. Una volta questi elementi erano isolati a seconda della loro funzione. Rispetto ad altri tipi di casali, qui non sono stati uniti soltanto edifici come il focolare, il dormitorio, il magazzino, la stalla, il fienile in un’unica costruzione; anche il pergolato, il cortile e il letamaio vennero integrati nella stessa area. Le entrate a questi spazi, originariamente esterni e poi integrati, sono solo interne; nella casa engadinese non esistono entrate dall’esterno per stalla e fienile! Questo tipo di dimora è reso unico proprio dagli accessi attraverso la parte abitabile della casa: a pianterreno il Sulèr che porta al fienile e sottoterra il Cuort che porta alla stalla. Grazie a quest’accessibilità particolare la casa engadinese ha una delle sue caratteristiche più essenziali: due portoni possenti collocati sulla facciata anteriore, a volte assieme, spostati di mezzo piano, dei quali uno ha le dimensioni per far passare un carico di fieno. Un altro tratto distintivo della casa engadinese è la disposizione pittorescamente asimmetrica delle finestre incavate a imbuto nelle mura massicce, che variano in forma e dimensione. Anche questa disposizione non risulta da un concetto artistico, ma è dovuta meramente alla funzionalità; rispecchia infatti la suddivisione molto differenziata all’interno del casale. Gli ornamenti delle pareti manifestano invece una consapevole volontà creativa. Spesso viene usato lo “sgraffito”, variato stilisticamente secondo l’epoca. Questa tecnica di decorazione fu importata dall’Italia già nel XVI secolo e consiste nel graffiare e scalfire nel primo strato d'intonaco umido, coperto di calce, fino a far emergere gli ornamenti nello strato sottostante più scuro. Altri elementi decorativi tipici della casa engadinese sono piccoli balconi chiusi finestrati (i cosiddetti bovindi) e grate in ferro battuto. Questi elementi raffinati riescono ad accentuare l’imponente corposità dell’intero edificio. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: KÖNZ IACHEN ULRICH: Das Engadinerhaus (Schweizer Heimatbücher 191), Bern 1994 (4., überarb. Aufl.).
KÖNZ IACHEN ULRICH, WIDMER EDUARD: Sgraffito im Engadin und Bergell, Zürich 1977.
SIMONETT CHRISTOPH: Die Bauernhäuser des Kantons Graubünden (Die Bauernhäuser der Schweiz, Bde. 1 und 2), hrsg. von der Schweizerischen Gesellschaft für Volkskunde, 2 Bde., Basel 1965 und 1968.

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Chiese barocche

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Dopo il periodo di incertezza seguito alla Riforma, nel XVII secolo l’architettura sacra cattolica conobbe uno sviluppo simile a quello del periodo tardo gotico. L’edificazione di chiese in stile Alto Barocco, caratterizzato da uno sfarzo senza precedenti, fu al servizio della Controriforma; tut...

Dopo il periodo di incertezza seguito alla Riforma, nel XVII secolo l’architettura sacra cattolica conobbe uno sviluppo simile a quello del periodo tardo gotico. L’edificazione di chiese in stile Alto Barocco, caratterizzato da uno sfarzo senza precedenti, fu al servizio della Controriforma; tuttavia il nuovo stile architettonico riscosse consensi anche in alcune aree protestanti.

Con l’avvento della Riforma i comuni della Repubblica delle Tre Leghe poterono scegliere liberamente se accettare o rifiutare la nuova confessione. Lo scisma che seguì provocò tensioni in politica interna ed estera fino intorno al 1610 lasciando infine un Paese diviso a livello confessionale così come sono tuttora i Grigioni. Ristabilita la pace si ebbe un immediato e rapido sviluppo dell’architettura sacra, dopo un lungo periodo di immobilismo, in particolare in quelle parti del Paese rimaste o ritornate a maggioranza cattolica come Poschiavo, il Moesano, l’Oberland e la parte inferiore della valle dell’Albula. Molte chiese di queste località furono rinnovate in stile alto barocco mediante la sostituzione
dell’arredamento, il restauro o la ricostruzione. Furono eretti nuovi grandi edifici ma soprattutto numerose piccole cappelle anche in località sperdute. Precursori di questo movimento anti-riforma, che aveva lo scopo di rigenerare la Chiesa cattolica, furono i padri cappuccini dell’alta Italia che assunsero l’incarico del servizio parrocchiale in molti comuni cattolici. Di conseguenza le tecniche di costruzione barocca subirono una forte influenza italiana, anche se per la realizzazione dell’opera più grande e più importante dell’epoca, la collegiata di Disentis, ci si ispirò alla scuola architettonica di Vorarlberg.
Diversamente dalle chiese parrocchiali in stile tardo gotico gli edifici sacri dell’Alto barocco non seguirono uno schema architettonico uniforme: sorsero strutture a forma di croce latina con coro dei monaci e cappelle laterali, come ad esempio la chiesa parrocchiale di Tiefencastel, ma anche edifici ispiratisi al modello a pianta centralizzata come la chiesa parrocchiale di Rhäzüns. In ogni caso le nuove costruzioni caratterizzarono il paesaggio con le loro pareti finite ad intonaco liscio e calce bianca, le loro facciate principali ornate con cornicioni e pilastri e i variopinti campanili sovrastati dalle celle campanarie a forma poligonale chiuse da una cupola. Anche gli interni delle chiese assunsero sembianze molto diverse: la decorazione a stucco, spesso opera di mastri mesolcinesi, divenne un’irrinunciabile componente dell’arredamento sia dal lato architettonico sia da quello ornamentale e gli affreschi sfociarono nel superamento dello spazio e nella rappresentazione del regno dei cieli. Un nuovo accento fu posto sugli altari che crebbero a dismisura sviluppandosi in strutture riccamente movimentate.
L’euforia architettonica barocca contagiò anche alcune comunità evangeliche lasciando dietro di sé opere architettoniche sacre esteticamente assai particolari come nel caso di Samedan dove la chiesa, concepita come luogo di predica, concretizzò brillantemente l’essenza del culto riformato.
(Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: DOSCH LUZI, WALDMANN URS: ‚Savognin und die Barockkunst der Kapuziner’, in: Savognin. Geschichte, Wirtschaft, Gemeinschaft, hrsg. von der Gemeinde Savognin, Savognin 1988, S. 203ff.
POESCHEL ERWIN: Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden (Die Kunstdenkmäler der Schweiz), hrsg. von der Gesellschaft für Schweizerische Kunstgeschichte, Bd. 1, Basel 1937, S. 149-256.
WYSS ALFRED: ‚Protestantischer Kirchenbau in den Südtälern des Gotteshausbundes’, in: Festschrift 600 Jahre Gotteshausbund, Chur 1967, S. 489-506.

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Palazzi signorili e ville

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Dal tardo Medioevo nei Grigioni la componente regionale aveva formato modelli architettonici differenti. Il palazzo signorile grigionese si sviluppa nel XVI / XVII secolo a partire dalle forme di case contadine tipiche della regione e delle valli, tuttavia esso riesce a trovare gradualmente una prop...

Dal tardo Medioevo nei Grigioni la componente regionale aveva formato modelli architettonici differenti. Il palazzo signorile grigionese si sviluppa nel XVI / XVII secolo a partire dalle forme di case contadine tipiche della regione e delle valli, tuttavia esso riesce a trovare gradualmente una propria forma. Quale risposta della borghesia verso la nobiltà nel XIX secolo si sviluppò la villa signorile.

Molti centri storici grigionesi sono caratterizzati dalla presenza di almeno una costruzione d’epoca barocca che spicca tra le case contadine per le dimensioni più imponenti. Gli stemmi posti spesso ben in vista indicano come committenti di questi palazzi i membri di quelle famiglie aristocratiche che guidarono le sorti dei Grigioni al tempo della Repubblica delle Tre Leghe (XVI-XVIII secolo). Benché le Tre Leghe fossero formalmente uno Stato democratico, esse presentavano in realtà forti tratti oligarchici poiché, di fatto, erano dominate da un numero relativamente ristretto di famiglie. La larga diffusione delle abitazioni aristocratiche su tutto l’odierno territorio cantonale è dovuta all’organizzazione decentralizzata dello Stato libero, nel quale il radicamento personale in uno dei circa 50 comuni con larga autonomia creava le basi di ogni carriera politica. Una residenza decorosa doveva rivelare il prestigio sociale degli uomini arricchitisi tramite l’esercizio di cariche pubbliche nei territori sottomessi (Valtellina, Chiavenna), il servizio mercenario e le legazioni presso corti europee oppure anche tramite il traffico di merci e il commercio.
Come il moderno ceto dominante grigionese in sé, inizialmente anche i suoi nuovi edifici si distinguono per una certa vicinanza al popolo: il rapporto col villaggio non si esprime solo tramite l’integrazione organica nelle strutture d’insediamento esistenti, ma anche tramite il collegamento col modello agricolo regionale. D’aspetto modesto e differenti dai loro pendant contadini solo per le maggiori dimensioni, il risalto dato agli ingressi e la cura di tutte le parti in legno, questi palazzi manifestano tuttavia uno sforzo crescente per distinguersi dalla fattoria contadina attraverso un arredamento interno sempre più lussuoso – con pregiati rivestimenti in legno e locali a volta. Dalla seconda metà del XVII secolo il corridoio centrale ispirato ai palazzi italiani, nel quale i locali sono allineati lungo un corridoio a volta, diventa il modello preferito dall’aristocrazia grigionese. L’architettura diventa sempre più raffinata; alcune residenze aristocratiche – in particolare della famiglia von Salis – si ampliano fino a raggiungere dimensioni da castello.
In seguito all’emigrazione degli artigiani nel XIX secolo nasce il modello del palazzo borghese di paese: le ville in stile classicistico dei pasticceri, che hanno fatto fortuna all’estero e che sono rientrati in patria, testimoniano l’influsso sempre più forte di correnti architettoniche internazionali sul tipo di costruzione grigionese in ambito profano. (Ludmila Seifert-Uherkovich)

Lett.: POESCHEL ERWIN: Das Bürgerhaus im Kanton Graubünden (Das Bürgerhaus in der Schweiz, Bde. XII, XIV, XVI), hrsg. vom Schweizerischen Ingenieur- und Architektenverein, 3 Bde., Zürich 1923-1925.

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Strade e ponti

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La costruzione di vie e strade è uno dei compiti civili più antichi e in zone montagnose fu sempre legato ad enormi sforzi. La difficile topografia ha sortito opere degne di nota, come ad esempio la costruzione della Viamala nel medio evo e nel XVIII secolo. Agli inizi del XIX secolo sono state re...

La costruzione di vie e strade è uno dei compiti civili più antichi e in zone montagnose fu sempre legato ad enormi sforzi. La difficile topografia ha sortito opere degne di nota, come ad esempio la costruzione della Viamala nel medio evo e nel XVIII secolo. Agli inizi del XIX secolo sono state realizzate grandi opere come le strade carrabili che conducevano da nord a sud attraverso i passi del San Bernardino e dello Spluga. Nel XX secolo, la strada nazionale A 13 ha collegato il Ticino e la Mesolcina alla Svizzera orientale con il traforo del San Bernardino.

Verso la fine del XV secolo si formò, seppure in stato embrionale, la Repubblica indipendente delle Tre Leghe. Nel 1803, su ordine di Napoleone, questo territorio si unì alla Confederazione quale Cantone dei Grigioni. La regione montagnosa situata tra Germania e Italia ebbe in tempi antichi una grande importanza nella politica dei trasporti. I passi del Lucomagno e quelli centrali del San Bernardino, dello Spluga, del Settimo e del Giulia costituivano grandi assi di transito. Al di fuori di questi percorsi c’erano quasi solo mulattiere o sentieri. Ancora nel 1807 le uniche strade carrabili erano quelle attraverso la Bregaglia e tutta l’Engadina, così come la tratta Coira-Ragaz e St.Luzisteig. Sui passi della Lenzerheide, del Settimo e dell’Albula, come pure da Coira verso lo Spluga transitavano, tempo permettendo, dei piccoli veicoli.

Nei Grigioni la costruzione di moderne strade carrabili comincia con le cosiddette vie artificiali o commerciali. Tra il 1782 e il 1788 fu completata la strada tedesca (Deutsche Strasse) che dal confine col Liechtenstein porta a Coira, tra il 1818 e il 1823, la strada bassa (Untere Strasse), che porta al passo dello Spluga o al passo del San Bernardino, e infine la strada alta (Obere Strasse) del Passo del Giulia e del Maloia (1820-1840). Dopo il completamento delle vie di transito, la rete stradale grigionese si è arricchita di strade secondarie e comunali.

La costruzione di strade in pianura si differenziò sempre da quella delle tratte in montagna. Ancora oggi presso Landquart e Maienfeld viali alberati caratterizzano il tracciato della “Deutsche Strasse” ottimizzato mediante terrapieni rettilinei. Per mezzo di sbancamenti e terrazzamenti gli ingegneri delle vie artificiali del San Bernardino (Giulio Pocobelli e Richard la Nicca) e dello Spluga (Carlo Donegani) hanno cercato di applicare l’ideale classicistico di grandiosità al terreno angusto e ripido della montagna. Caratteristici delle strade dei passi sono i tornanti. Sulla strada dello Spluga si sono conservate singole opere del XIX secolo di grande importanza, come una galleria dall’aspetto neogotico, un ponte di marmo e una galleria antivalanga tra la dogana svizzera e quella italiana.

Nella seconda metà del XX secolo la tratta del San Bernardino, oggi parte della strada nazionale A13, fu ulteriormente ampliata. Il pezzo forte è ora il traforo stradale aperto nel 1967. Le strade che si snodano ampie nel paesaggio e due ponti ad arco, progettati dal famoso ingegnere di Coira Christian Menn, testimoniano il progresso della tecnica. A Menn si devono anche altri ponti del Cantone, come quello di Sunniberg a Klosters, che - insieme al ponte Salginatobel del pioniere Robert Maillart - rappresenta, per importanza, il secondo monumento dell’arte ingegneristica della Prettigovia.
Nell’architettura odierna la costruzione di ponti è diventata un tema a sé stante. Nella Ferrovia Retica i viadotti hanno un ruolo molto importante. (Leza Dosch)

Lett.: Jürg Simonett: traffico, commercio e industria, ne: manuale di Storia dei Grigioni, volume 3, IX-XX secolo, Coira 2000, pgg. 61-88 (61-73); Leza Dosch: arte e paesaggio nei Grigioni. Pittura e architettura nell’Ottocento e nel Novecento, Zurigo 2001, pgg. 69-79.

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Pensioni e case di cura, alberghi

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Gli odierni alberghi derivano storicamente dalle taverne, dagli ostelli e dagli ospizi medievali. Da un punto di vista architettonico le costruzioni raggiunsero un nuovo standard con l’avvento dell’industria turistica a partire dal 1860. Le case di cura di Le Prese, Tarasp e St. Moritz Bagni fur...

Gli odierni alberghi derivano storicamente dalle taverne, dagli ostelli e dagli ospizi medievali. Da un punto di vista architettonico le costruzioni raggiunsero un nuovo standard con l’avvento dell’industria turistica a partire dal 1860. Le case di cura di Le Prese, Tarasp e St. Moritz Bagni furono anticipatrici delle imponenti costruzioni alberghiere della belle epoque, sorte soprattutto in Engadina, a Davos e a Flims. Un genere particolare è rappresentato dai sanatori un tempo diffusi a Davos ed Arosa, che servivano per le cure mediche in alta montagna.

La più antica osteria dei Grigioni è quella dei canonici, risalente al periodo tardo gotico, situata al Hof di Coira con un soffitto di travi a volta del 1522 (oggi ristorante Hofkellerei). Quando nei primi del XX secolo essa venne rinnovata, ebbe inizio una rivalutazione generale delle vecchie sale da pranzo grigionesi (Drei Könige, Stern e Rebleuten a Coira, Stiva Grischuna a Disentis/Mustér, Casa Fausta Capaul a Breil/Brigels, Crusch Alva a Zuoz, Chesa Veglia a St. Moritz). A metà del XX secolo, nelle località turistiche e nelle città ci fu un forte incremento dei caffè e delle sale da tè. La tendenza odierna in campo gastronomico è di aprire pizzerie, bar, dancing, fast-food e ritrovi d’eccezione creati da artisti (Giger-Bar a Coira).

Il concetto di casa di cura è da ricondurre a quello delle cure termali conosciute già in tempi antichi a St. Moritz. I Grigioni hanno sempre avuto e hanno tuttora un’ampia scelta di località per le cure idroterapiche e minerali. A St. Moritz, Tarasp, Passugg e in Val Sinestra in Engadina bassa sono sorte costruzioni di notevole importanza architettonica. Le case di cura di Tarasp e St. Moritz, erette da Felix Wilhelm Kubly di San Gallo, architetto specializzato nella costruzione di stabilimenti termali, servirono da modello per i primi grandi alberghi grigionesi. Il primo è sorto a Scuol-Nairs appartato in una conca di fronte alla sorgente dell’acqua, il secondo invece ha occupato in modo imponente la piana del fiume Inn a St. Moritz ed è così diventato il punto di partenza di un’espansione edilizia. La casa di cura di Le Prese offriva cure a base di acqua sulfurea. Essa incanta con la sua elegante architettura classicistica, il parco, il porticciolo e l’idilliaca posizione sul lago di Poschiavo. In tempi recenti le terme di Vals si sono fatte un nome a livello internazionale grazie all’architettura di Peter Zumthor.

Osservando gli alberghi dell’alta Engadina, si può studiarne lo sviluppo stilistico e tipologico. Mentre il Bernina a Samedan possiede ancora quel fragile fascino del tardo classicismo, le cupole del Palace a Maloja e dell’antico Grand Hotel a St. Moritz esprimono tutta l’enfasi della belle epoque. Per quanto concerne il Kronenhof di Pontresina, la cui impostazione su tre ali conferisce un tocco di signorilità alla struttura del paese, il motivo della cupola costituisce ancora oggi un segno di nobiltà. Costruzioni come il Palace a St. Moritz, il Waldhaus a Sils Maria e il Castell a Zuoz seguono l’ideale del romanticismo dei castelli. La Margna, il Suvrettahouse e il Carlton a St. Moritz sono considerati validi esponenti dello stile regionale. Nella costruzione di alberghi e sanatori dell’epoca calssico-moderna sono stati adottati criteri realistici. Nel 1930 sorse ad Arosa un piccolo gruppo di alberghi votati all’estetica della riduzione geometrica (Post, Isla, parte centrale del Hof Maran, Hohenfels, Casa Lamm). Fino alla metà del Novecento a Davos dominarono i sanatori per la cura delle malattie polmonari. I loro tetti piatti e i terrazzi-solario hanno conferito al paese un aspetto cittadino.

Lett.: Isabelle Rucki: Das Hotel in den Alpen. Die Geschichte der Oberengadiner Hotelarchitektur von 1860 bis 1914, Institut für Geschichte und Theorie der Architektur, ETH Zürich, Zürich 1989. – Roland Flückiger-Seiler: Hotelpaläste zwischen Traum und Wirklichkeit. Schweizer Tourismus und Hotelbau 1830–1920, Baden 2003. (Leza Dosch)

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Costruzione di centri abitati

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Nei Grigioni le città, i villaggi e le contrade sono il risultato finale di una evoluzione durata diversi secoli. Una certa forma di pianificazione era alla base dei centri abitativi fondati dai Walser, immigrati nel XIII e XIV secolo. Gli incendi e le catastrofi naturali del XIX secolo fecero matu...

Nei Grigioni le città, i villaggi e le contrade sono il risultato finale di una evoluzione durata diversi secoli. Una certa forma di pianificazione era alla base dei centri abitativi fondati dai Walser, immigrati nel XIII e XIV secolo. Gli incendi e le catastrofi naturali del XIX secolo fecero maturare nell’intero Cantone la volontà di restaurare o ricostruire di sana pianta e in modo sistematico interi villaggi o parte di essi. Durante il Novecento, su iniziativa privata e semiprivata, sono sorti alle porte della città vecchia di Coira i quartieri Unterer e Oberer Quader e sui prati del Reno il quartiere Lacuna.

Diversi tipi di centri abitati dei Grigioni, soprattutto le fattorie e le borgate, risalgono al XII e XIII secolo, periodo di maggior sviluppo agricolo del Medioevo. Allora nelle valli laterali e in altitudine furono dissodate grandi superfici di bosco. Fu quello il periodo in cui fiorì il traffico di transito, ebbe inizio l’industria mineraria, la costruzione dei castelli, la colonizzazione a opera di monaci premostratensi e l’immigrazione dei Walser. La costruzione dei villaggi e delle poche città conobbe un andamento regolare. Fino al XVII secolo le distruzioni furono causate da episodi bellici, in seguito da incendi accidentali. Le case e le stalle incendiate dai soldati austriaci durante la Guerra sveva del 1499 in Engadina bassa e durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) in Engadina bassa e in Prettigovia vennero ricostruite più o meno sulle strutture preesistenti. I famigerati incendi verificatisi nel tardo Ottocento e all’inizio del Novecento suscitarono intense discussioni circa la ricostruzione. Sull’esempio di Glarona le autorità cantonali privilegiarono una planimetria ortogonale e raccomandarono misure antincendio, igieniche e favorevoli alla viabilità. Lavin seguì tali raccomandazioni, mentre Zernez per motivi economici volle ricostruire le nuove case sulle strutture preesistenti. Accanto a Lavin anche la parte nuova di Felsberg, Thusis e Seewis in Prettigovia sono ottimi esempi di centri abitati ricostruiti secondo un preciso piano urbanistico. All’insegna della protezione della patria, a Sent e a Susch si realizzarono più tardi delle costruzioni dall’aspetto pittorico e vagamente organico.

Coira è l’unica città dei Grigioni di una certa grandezza. Qui sono riconoscibili gli anelli di crescita da quando l’agglomerato ha cominciato a espandersi al di fuori delle sue mura. Lungo la Grabenstrasse si susseguono eleganti edifici privati e pubblici risalenti alla metà e agli ultimi decenni dell’Ottocento. Agli inizi del Novecento gli architetti Otto Schäfer & Martin Risch poterono sviluppare un’urbanistica in grande stile. Mentre l’ Obere Quader con il Quaderplatz segue dei concetti assiali, i piani regolatori hanno conferito un aspetto organico di paese all’ Untere Quader nella zona dell’ Ottoplatz e del quartiere consorziale Stampagarten. Il quartiere Lacuna di Coira, realizzato negli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo dagli architetti Thomas e Thomas Domenig, è uno tra i più grandi centri residenziali di grattacieli della Svizzera. Con l’aggiunta di un palazzo scolastico e di un asilo così come di negozi e centri di servizi, è stata raggiunta una certa autosufficienza. (Leza Dosch)

Lett.: Martin Bundi: Zur Besiedlungs- und Wirtschaftsgeschichte Graubündens im Mittelalter, Chur 1989 (2. Aufl.). – Leza Dosch: arte e paesaggio nei Grigioni. Pittura e architettura nell’Ottocento e nel Novecento, Zurigo 2001

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Piazze, parchi e giardini

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Le piazze dei vecchi villaggi grigionesi sono solitamente dei semplici slarghi di viottoli o strade caratterizzati dalla presenza di fontane, oppure degli appezzamenti di terreno non edificato. Le piazze progettate a tavolino si trovano in genere solo nei centri urbani, i parchi anche nei centri tur...

Le piazze dei vecchi villaggi grigionesi sono solitamente dei semplici slarghi di viottoli o strade caratterizzati dalla presenza di fontane, oppure degli appezzamenti di terreno non edificato. Le piazze progettate a tavolino si trovano in genere solo nei centri urbani, i parchi anche nei centri turistici. Di grande importanza sono i cimiteri ed i giardini privati costruiti sul modello di un parco. La casa e il giardino costituiscono un’unità in alcune tenute signorili del periodo barocco.

Antiche piazze di villaggio note sono quelle di Zuoz in Engadina Alta e Valendas nella Surselva. La prima si distingue per l’ampiezza, il terreno in pendenza e il palazzo Planta, la seconda per la disposizione lungo una curva della strada e la graduazione scenografica verso la Türelihus. Elementi decorativi centrali in entrambi i casi sono le fontane. In un contesto più urbano sono da rilevare la piazza dell’Hof di Coira attorniata dalle case signorili del complesso della cattedrale, la piazza cittadina di Maienfeld col palazzo Sprecher di epoca barocca e la piazza signorile del borgo di Poschiavo. Un gruppo a parte è formato da luoghi di rilevanza politica come l’acero della cappella di Sant’Anna a Trun dove fu fondata la Lega Grigia oppure il luogo della leggendaria unificazione delle Tre Leghe a Vazerol (Brienz/Brinzauls). La Landsgemeinde del territorio della Cadi (cumin) si svolgeva a Disentis sul prato direttamente sotto il convento. La Landsgemeinde tuttora esistente nella regione di Schanfigg (Bsatzig) a St. Peter anticamente avveniva sulla «Quadera», un prato accanto alla chiesa. La piazza della Landsgemeinde posta all’entrata del centro storico di Ilanz è coronata da costruzioni del XIX secolo.

L’esistenza della piazza del governo in mezzo al centro storico di Coira è dovuta al fatto che si rinunciò a ricostruire le case bruciate nel 1829. Dopo gli incendi dei villaggi di Lavin e Zernez nel 1869, risp. 1872, si formarono delle piazze grandiose fiancheggiate da case signorili (Plazza gronda, risp. Plaz). Spina dorsale dell’architettura cittadina di Davos è la sua lunga via da passeggio; ciò rese superflua la costruzione di piazze centrali. Una situazione analoga si presenta a Scuol con lo Stradun. All’interno dello schema concentrico di Coira per contro le strade si ricollegano continuamente alle piazze. Il punto centrale sarebbe per la verità la piazza della Posta all’entrata del centro storico, la cui area è quasi completamente occupata dal traffico motorizzato. La nuova piazza della stazione è utilizzata soprattutto come stazione ferroviaria per il treno che va ad Arosa e il bus cittadino. La piazza del teatro creata nel 2006 rappresenta il tentativo di far rivivere una piazza culturale dedicata al passante.

Una cultura tipicamente barocca dei giardini, considerevole per il Cantone alpino dei Grigioni, sbocciò presso le residenze signorili in Bregaglia, nella Domigliasca, a Coira e nella Herrschaft grigionese. Altri modelli di parco dalle nostre parti sono i cimiteri alberati. In ambito turistico il parco assunse un nuovo significato come giardino di alberghi e terme. Alla tipologia di parco è riconducibile anche la grandiosa Quaderplatz di Coira – un prato con una ricca varietà di piante. (Leza Dosch)

Lett.: Brigitt Sigel, Catherine Waeber und Katharina Medici-Mall (Hg.): Nutzen und Zierde. Fünfzig historische Gärten in der Schweiz, Zurigo 2006.

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Ferrovia retica

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La linea ferroviaria Landquart-Davos, inaugurata nel 1890, fu l’inizio di una delle più vaste reti ferroviarie a scartamento ridotto del mondo. Essa collega alcune delle principali vallate dei Grigioni. Il tracciato, i viadotti e le gallerie elicoidali della ferrovia dell’Albula e del Bernina ...

La linea ferroviaria Landquart-Davos, inaugurata nel 1890, fu l’inizio di una delle più vaste reti ferroviarie a scartamento ridotto del mondo. Essa collega alcune delle principali vallate dei Grigioni. Il tracciato, i viadotti e le gallerie elicoidali della ferrovia dell’Albula e del Bernina – che assieme creano un asse transalpino – sono spettacolari. Dal punto di vista della storia dell’architettura spiccano gli edifici delle stazioni ferroviarie degli anni dieci e venti del Novecento in tipico stile regionale (Heimatstil).

Tra il 1898 e il 1904 venne costruita la linea dell’Albula tra Thusis e St. Moritz. Le leggendarie curve e gallerie elicoidali del tratto Bergün-Preda allungano artificiosamente il percorso permettendo in tal modo di non superare una pendenza del 35 permille. Per la prima volta in Svizzera i ponti di una linea ferroviaria furono costruiti quasi interamente in pietra naturale. Come scrisse all’epoca la rivista “Heimatschutz”, il tracciato e i ponti costruiti in sasso anziché deturpare il paesaggio lo hanno animato e abbellito. La scelta della pietra non fu dovuta solo ad un fatto estetico, ma anche a motivi pratici. Il materiale era infatti disponibile sul posto e l’enorme massa della costruzione permetteva di sostenere senza problemi i carichi del traffico ferroviario. I ponti più famosi della linea ferroviaria dell’Albula sono il lungo viadotto Solis ( lunghezza 42m e altezza 85m) e il viadotto Landwasser presso Filisur (lungo sei volte 20m, alto 65m) che descrive una curva con eleganti pilastri rastremati verso l’alto. Nel punto più alto della tratta, tra Preda e Spinas, c’è la galleria dell’Albula lunga 5,8km. I due portali sono in pietra grezza con cornici bugnate nella tradizione del Rinascimento. La linea ferroviaria del Bernina, che collega St.Moritz all’italiana Tirano, fu inaugurata nel 1910. L’elemento architettonico più emblematico è il viadotto elicoidale di Brusio- anche questo realizzato per allungare il tracciato.

Bisogna distinguere le opere d’arte degli ingegneri dalle costruzioni dei carpentieri, degli impresari e degli architetti. Con le prime tratte della Ferrovia retica furono costruiti edifici molto semplici per l’accoglienza dei passeggeri. Tali stazioni erano costruite in legno e risultavano economiche nelle regioni ricche di boschi, erano in sintonia con il boom degli chalet di quell’epoca e potevano essere intese come omaggio alle vecchie case rurali della regione, costruzioni in travi massicce disposte orizzontalmente. Ad eccezione della stazione di Spinas tutti gli altri edifici per l’accoglienza dei passeggeri della ferrovia dell’Albula in Engadina sono massicci e in stile tardoclassicista. Caratteristici dello stile regionale (Heimatstil) sono gli edifici tra Ilanz e Disentis, Bever e Scuol così come tra Coira e Arosa sorti poco avanti la prima Guerra mondiale. Negli anni ’20 Nicolaus Hartmann creò opere architettoniche in pietra ispirandosi al paesaggio alpino con le sue capanne e baite (Alp Grüm, Ospizio Bernina). La stazione di Tirano (1927) è invece un impianto di aspetto urbano tipicamente italiano, declinato nelle forme proprie dello stile liberty e dell’art déco (1927). (Leza Dosch)


Lett.: Luzi [Leza] Dosch: Die Bauten der Rhätischen Bahn. Geschichte einer Architektur von 1889 bis 1949, Chur 1984. – Leza Dosch: arte e paesaggio nei Grigioni. Pittura e architettura nell’Ottocento e nel Novecento, Zurigo 2001, pgg. 182–195.

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Regionalismo

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La riscoperta dello sgraffito e della casa engadinese a partire dalla fine del XIX secolo rivela un nuovo interesse per l’architettura locale e regionale. Nel 1905 fu fondata l’Associazione per la Protezione della Patria, la quale promuoveva uno stile architettonico regionale e raggruppava intor...

La riscoperta dello sgraffito e della casa engadinese a partire dalla fine del XIX secolo rivela un nuovo interesse per l’architettura locale e regionale. Nel 1905 fu fondata l’Associazione per la Protezione della Patria, la quale promuoveva uno stile architettonico regionale e raggruppava intorno a sé numerosi ed influenti architetti. Un atteggiamento più libero nei confronti dei modelli locali si può osservare nel regionalismo del Secondo dopoguerra.

Il concetto di regionalismo concerne la grande richiesta di specifiche prestazioni culturali all’interno di spazi geografici. Il regionalismo architettonico s’interessa consapevolmente delle costruzioni nella società di una determinata regione. Ciò si differenzia dall’architettura regionale nei tempi passati, quando c’erano poche possibilità di scelta. L’economia precaria si basava sulla continuità di tecniche collaudate e l’utilizzo di materiali disponibili sul posto. In primo luogo bisognava rispondere a esigenze pratiche. Così, in larga misura, venne meno anche lo stimolo culturale verso l’innovazione. Il mancato bisogno di distinguersi nettamente dalla tradizione e dall’ambiente, condusse ai quadri paesaggistici unitari di vecchi villaggi e città, che a posteriori sono generalmente molto apprezzati.

Lo storicismo del XIX secolo, dopo aver utilizzato la storia dell’arte accademica come modello e rivisitato uno stile dopo l’altro, cercò nuove soluzioni nell’edilizia per così dire vernacolare, l’autentica edilizia contadina. La prima tappa su questa via fu la propagazione della casa in legno dell’Oberland bernese come “Swiss Chalet”. Già nel tardo XIX secolo nell’architettura dei Grigioni affluirono elementi provenienti dal proprio Cantone. La protezione della Patria grigionese si ispirava in prima linea a criteri non nazionali ma regionali. A St. Moritz lavorava Nicolaus Hartmann che, accanto ad altri punti di riferimento, adottò le forme di vecchie case engadinesi. Esse divennero per vari aspetti la quintessenza non solo dello stile engadinese, ma anche di quello grigionese. Coi suoi richiami al modo di costruire del centro storico medievale e del Barocco signorile, lo studio di Otto Schäfer e Martin Risch a Coira pose l’accento piuttosto su elementi genericamente indigeni e tradizionali anziché su quelli di determinate regioni. Il fenomeno del regionalismo visse una seconda fase importante negli anni del dopoguerra, quando architetti come Iachen Ulrich Könz, Bruno Giacometti e Rudolf Olgiati fecero affluire nella loro opera in maniera differente elementi dell’edilizia regionale. Pierre Zoelly e Robert Obrist fornirono singoli esempi analoghi. Nell’architettura contemporanea la discussione si spostò dalla regione difficilmente definibile e limitabile al luogo concreto nella sua quotidianità e grandiosità. Così fu creato anche spazio per l’individualità. La Cappella di Sogn Benedetg di Peter Zumthor sopra Sumvitg è la testimonianza di un’architettura che interagisce consapevolmente e apertamente col luogo. (Leza Dosch)

Lett.: Friedrich Achleitner: Region, ein Konstrukt? Regionalismus, eine Pleite? Basilea/Boston/Berlino 1997. – Leza Dosch: Heimatstil und Regionalismus. Zur Diskussion über zwei architekturgeschichtliche Begriffe, in: Bündner Monatsblatt, 2005, Nr. 5, S. 491–520.

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Costruzioni di centrali idroelettriche

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La prima grande centrale idroelettrica dei Grigioni è quella di Campocologno delle Forze Motrici Brusio SA, messa in esercizio nel 1907. Le condotte forzate a cielo aperto di Campocologno, ma anche quelle della centrale di Küblis della AG Bündner Kraftwerke (1922) hanno inciso profondamente sul p...

La prima grande centrale idroelettrica dei Grigioni è quella di Campocologno delle Forze Motrici Brusio SA, messa in esercizio nel 1907. Le condotte forzate a cielo aperto di Campocologno, ma anche quelle della centrale di Küblis della AG Bündner Kraftwerke (1922) hanno inciso profondamente sul paesaggio. I primi tentativi di rivestire le inevitabili dighe dei laghi artificiali con pietre di cava o di costruirle di terra per adattarle all’ambiente, sono stati superati negli anni cinquanta e sessanta poiché si è affermato il concetto che i muri di cemento armato senza rivestimenti hanno un loro valore estetico quali ardite opere d’ingegneria.

Assieme alle costruzioni stradali e ferroviarie le centrali idroelettriche per la produzione di energia rappresentano le maggiori opere edilizie nei Paesi alpini. I singoli progetti risultano pertanto controversi. In questi casi le considerazioni di ordine finanziario si contrappongono alle esigenze dell’agricoltura e della protezione dell’ambiente, l’economia e l’ecologia vivono dei contrasti pressoché insanabili. Ai tempi della sua costruzione l’impianto idroelettrico delle Forze Motrici Brusio SA (oggi Rätia Energie) era considerato il più importante del continente europeo. Il grande bacino idrico era un lago naturale, il Lago di Poschiavo. Sei condotte forzate parallele e a cielo aperto portavano l’acqua dal bacino di Monte Scala alla centrale di Campocologno. Tubi e centrale furono collocati nel paesaggio come costruzioni funzionali senza riguardo per gli effetti paesaggistici. Con gli stessi criteri le FMB Sa posero i tralicci di ferro della loro linea aerea completata nel 1927. Solo pochi anni dopo gli alti tralicci delle linee aeree furono generalmente contestati dagli ambienti per la protezione del paesaggio.

Un’altra opera di grandi dimensioni degli albori è l’impianto dell’Albula dell’Azienda elettrica della città di Zurigo. Il fiume fu sbarrato con una diga sotto Tiefencastel. La progettazione architettonica della centrale a Sils in Domigliasca (1907–1910) fu affidata al professore del Politecnico federale di Zurigo Gustav Gull. Nicolaus Hartmann divenne l’architetto più autorevole per la costruzione delle centrali elettriche grigionesi nel periodo tra le due guerre. Egli ricevette l’incarico per quasi tutti gli edifici delle Forze Motrici Grigioni SA (oggi pure Rätia Energie) in Prettigovia e nel 1927 poté realizzare, non lontano dalla ferrovia del Bernina, le centrali di Palü e Cavaglia delle Forze Motrici Brusio SA. Col Moderno classico degli anni venti, negli ambienti specializzati svizzeri si impose l’opinione un po’ semplicistica che una buona costruzione si adatta ad ogni paesaggio. Così non fu dibattuto il problema del rapporto di una costruzione con lo spazio circostante, rapporto che determina in larga misura le sue qualità formali. Negli anni cinquanta e sessanta furono creati grandi laghi artificiali a Zervreila nella Valle di Vals, sull’Alpe Albigna in Val Bregaglia, a Nalps e Curnera a Tujetsch, a Sta. Maria sul Lucomagno così come, quasi completamente su suolo italiano, nella Valle di Lei e nella Valle di Livigno. L’impianto indubbiamente più spettacolare è la colossale diga dell’Albigna che appare in alto sulla valle come una barriera in cemento tra le rupi. (Leza Dosch)

Lett.: Conradin Clavuot und Jürg Ragettli: Die Kraftwerkbauten im Kanton Graubünden, Coira 1991. – Hansjürg Gredig und Walter Willi: Unter Strom. Wasserkraftwerke und Elektrifizierung in Graubünden 1879–2000, Coira 2006.

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Modernismo

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Sotto il concetto di modernismo vengono raggruppate diverse correnti architettoniche che traggono la loro origine più o meno dal razionalismo e dal funzionalismo degli anni venti e trenta del Novecento. La cosiddetta nuova architettura di quel periodo era all’avanguardia. Negli anni cinquanta e s...

Sotto il concetto di modernismo vengono raggruppate diverse correnti architettoniche che traggono la loro origine più o meno dal razionalismo e dal funzionalismo degli anni venti e trenta del Novecento. La cosiddetta nuova architettura di quel periodo era all’avanguardia. Negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso il suo linguaggio formale semplificato è divenuto di dominio pubblico – sovente con notevoli risultati.

Un esponente molto influente del modernismo classico negli anni tra le due guerre fu l’architetto grigionese Rudolf Gaberel (1882–1963). Residente a Davos, egli poté realizzarvi tutte le sue visioni su larga scala. Egli sviluppò ulteriormente il tetto piano sottoventilato, mediante il quale l’acqua della pioggia e della neve sciolta è convogliata centralmente all’interno della casa, e lo diffuse come forma ideale di tetto per il clima d’alta montagna. Questo sistema era già stato introdotto a Davos attorno al 1900 nel sanatorio sulla Schatzalp. Il tetto piano sottoventilato e il terrazzo integrato per i bagni di sole, realizzato senza appoggi, divennero il simbolo del paesaggio di Davos. Nello sforzo per raggiungere un’architettura funzionale e igienica Gaberel poté in poco tempo ristrutturare un’intera serie di edifici già esistenti, tra cui il municipio. Davos divenne una moderna cittadina alpina, dal 1961 addirittura con prescrizioni in materia di tetti piani per il centro. Nuove costruzioni importanti e tuttora esistenti di Gaberel a Davos sono le abitazioni per i medici della Clinica basilese e del Complesso di cure turgoviese-sciaffusano, nonché la casa bifamiliare nella Tanzbühlstrasse 6. Altri esponenti della nuova architettura nei Grigioni furono tra gli altri i fratelli Emil e Walther Sulser di Coira, i fratelli Georg e Peter Brunold nonché Jakob Licht di Arosa.

Ancora poco nota è l’architettura del modernismo del dopoguerra, le cui propaggini arrivano fino agli anni ottanta. L’espansione delle forme della nuova architettura attraverso grandi studi di progettazione e società generali ebbe come conseguenza un appiattimento e una banalizzazione dell’ideale estetico-sociale. Eppure anche nei Grigioni ci sono opere di quel periodo, la cui delicatezza ed eleganza è molto distante dalla rusticità turistica degli edifici come prima e seconda abitazione. Esempi significativi sono l’ex Scuola magistrale di Andres Liesch e la Casa Zinsli di Paul Gredinger a Coira, nonché l’edificio scolastico di Max Kasper a Castaneda. Oltre le tendenze razionali nel modernismo, bisogna far notare anche la sua architettura scultorea del cemento a vista. Come esempi si hanno il Convitto della Scuola cantonale di Coira (Otto Glaus, Ruedi Lienhard e Sep Marti) e la chiesa cattolica Heiligkreuz dell’architetto e scultore Walter M. Förderer di Coira. Nelle chiese costruite da Förderer in vari luoghi della Svizzera e della Germania l’architettura cementizia divenne scultura praticabile.

Lett.: Christof Kübler: Wider den hermetischen Zauber – Rationalistische Erneuerung alpiner Architektur um 1930. Rudolf Gaberel und Davos, Coira 1997.

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Architettura minore

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Le piccole costruzioni sono paragonabili alla musica da camera dell’architettura. In esse tutto è ridotto all’essenziale, spesso appaiono come il modello di un opera più grande. Tra le costruzioni che conferiscono una nota particolare all’ambiente figurano fontane, statue, padiglioni, gazebo...

Le piccole costruzioni sono paragonabili alla musica da camera dell’architettura. In esse tutto è ridotto all’essenziale, spesso appaiono come il modello di un opera più grande. Tra le costruzioni che conferiscono una nota particolare all’ambiente figurano fontane, statue, padiglioni, gazebo, chioschi da vigna e portoni.

Nella categoria di architettura minore possono rientrare arredi sacri nelle chiese come fonti battesimali, tabernacoli e altari. Anche l’arredamento sacro e profano si conforma spesso ai motivi architettonici. I casotti da vigna barocchi rappresentano un capitolo importante di piccoli edifici indipendenti, come si sono mantenuti a Coira in terreni un tempo o ancora a destinazione viticola (esempio: Calunaweg 8). Essi sono monolocali a due piani che servivano per la vita sociale, per i braccianti a giornata in tempo di vendemmia, ma presumibilmente anche come alloggi. I torchi un po’ più grandi e irregolari dovevano avere spazio sufficiente per azionare la sbarra del torchio a vite. Il chiosco da giardino più famoso nei Grigioni è quello con colmo a croce e spioventi curvati, eretto nel 1710 dai fratelli Johannes Gaudenz e Christoffel Schmid di Grüneck davanti alle porte di Ilanz. Anche in questo caso si tratta di un locale singolo.

La rotonda in legno dietro l’abitazione di Giovanni Segantini a Maloja era stata concepita come un vero modello per una costruzione più grande. Essa doveva spaziare sul panorama engadinese per l’Esposizione universale di Parigi del 1900 e in seguito fu utilizzata dal pittore principalmente come biblioteca. Al genere di padiglioni si possono ascrivere le ex fonti termali di St. Moritz, Tarasp e Passugg, ma anche l’atrio del camposanto in stile tardo classico di Roveredo. Lo stabilimento con pista di ghiaccio e campo da golf dell’Hotel Kulm a St. Moritz era un edificio sportivo. Esso racchiude vari stili dei primi anni del Novecento e mostra rilievi con simboli sportivi. Il portone di Schäfer & Risch sulla Quaderplatz di Coira e quello di Nicolaus Hartmann nel parco termale di Davos segnano l’ingresso in uno spazio ben preciso.

Le fontane sono il genere più diffuso all’interno dell’architettura minore. Le vecchie fontane di campagna erano limitate alla loro funzione d’abbeveratoio e lavatoio e si evidenziavano tutt’al più attraverso una tettoia protettiva in legno (Borgonovo, Luven). In ambito cittadino le fontane erano riccamente decorate con rilievi e sculture libere. Il periodo di fioritura di questa pratica va dal 16º al 18º secolo; un esempio importante è la Martinsbrunnen a Coira (colonna della fontana sostituita da una copia nel 1910). Con lo “Heimatstil” dei primi anni del Novecento lo scultore Wilhelm Schwerzmann si profilò come il maggior ideatore di fontane nel Cantone. Durante la Repubblica dei Grigioni furono eretti raramente dei monumenti. Tra i pochi esempi che superano la semplice targa commemorativa, si trovano i monumenti intitolati a Salis, Vazerol e Fontana a Coira, nonché a Seewis il monumento del 1622 dedicato ai combattenti per la libertà e la fede della Prettigovia. (Leza Dosch)

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Altri edifici e opere

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Le rubriche qui esposte riescono a dare solo una pallida idea degli organismi architettonici ed artistici che ci sono nei Grigioni. Meriterebbero di essere menzionati a parte chiese di altre epoche, edifici scolastici, municipi, complessi artigianali ed industriali, così come arredi, boiserie, pitt...

Le rubriche qui esposte riescono a dare solo una pallida idea degli organismi architettonici ed artistici che ci sono nei Grigioni. Meriterebbero di essere menzionati a parte chiese di altre epoche, edifici scolastici, municipi, complessi artigianali ed industriali, così come arredi, boiserie, pitture murali e sculture.

Con la scelta delle rubriche si è cercato di offrire una varietà di temi, la più rappresentativa possibile. Ciò dovrebbe stimolare un confronto approfondito. In questa struttura le singole epoche si alternano a tendenze artistiche, brevi biografie di creatori e generi architettonici. Si sono posti gli accenti in modo tale da chiarire ciò che differenzia l’orizzonte artistico grigionese dagli altri ambienti architettonici e artistici. Titoli come «Epoca carolingia» oppure «Modernismo» indicano un inquadramento nella storia dell’arte europea in generale, mentre «Strade e ponti» e «Centrali idroelettriche» rinviano ad una topografia di montagna più specifica. «Maestro di Waltensburg», «Hans Ardüser», «Casa engadinese» e «Ferrovia retica» sono infine veri e propri temi grigionesi. Con «Regionalismo» si approfondisce l’identità architettonica del Cantone.

Anche tra gli oggetti non ordinati in rubriche proprie si trovano importanti contributi sulla storia dell’architettura e dell’arte. Il vallo di pietra preistorico presso Guarda rappresenta probabilmente una struttura di fortificazione d’era glaciale. In Val Poschiavo gli antichi «crott» costruiti a volta falsa servivano per la conservazione d’alimenti deperibili; a Cama e Promontogno le cantine del vino («grotti», «crotti») attorniate dai castagneti divennero luoghi per la vita sociale. La Acla Serlas in Val Chamuera è l’esempio più stupendo di strutturazione di un maggese. I mulini preconizzavano gli impianti industriali del 19º secolo. Tra le case d’abitazione gli ospizi e conventi di religiosi, a Coira le case signorili della cattedrale e il palazzo vescovile rappresentano interessanti particolarità. Al genere di pittura murale appartengono i dipinti del Mondo alla rovescia nella Sala della lepre al Bärenloch di Coira e le scene bibliche degli anni ’60 nella Casa Aperta a Fürstenaubruck. Un’eccezionale opera scultorea del primo gotico è il gruppo del Santo Sepolcro nell’ossario di San Giovanni Battista a Domat/Ems.

Bisognerebbe indirizzare lo sguardo anche sullo sviluppo degli edifici scolastici, degli edifici municipali e corporativi meno storici, nonché delle chiese della diaspora nei luoghi turistici. Un caso speciale oggi sono gli edifici usati come musei: ad esempio la Casa Nietzsche a Sils Maria, la Casa Mili Weber a St. Moritz e il Museo della Fortezza di Crestawald a Sufers. Singolare è pure il colle sul quale si staglia la chiesa di Schmitten con le cappelle barocche della Via Crucis e la Casa Rosales ad Andeer. In questa casa la fornace per fondere il ferro doveva rifornire d’armi il movimento italiano di liberazione di Giuseppe Mazzini. (Leza Dosch)

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